Ci meritiamo coraggio

 

Quando siete infelici, fateci caso.

Il titolo poteva essere questo. Per me è sempre stato facile riconoscere i momenti di gioia, molto più difficile essere consapevole di quelli dolorosi. Il dolore ero abituata a giustificarlo, come si fa con le cose che capitano senza che tu ci possa fare niente. All’infelicità ho sempre messo una pezza, ho sempre trovato una scusante, un “poi cambierà”. Non cambia proprio un bel niente, invece, se non siamo noi a farlo cambiare. Quella porta chiusa dentro di te non la apri se non con la chiave giusta. E la chiave giusta sei tu.

Quindi, dicevamo: fateci caso. Fateci caso se ogni mattina da mesi vi svegliate con una strana angoscia che non vi fa respirare. Fateci caso se vi viene troppo spesso un nodo in gola, così, senza un apparente motivo. Fateci caso se le assenze “giustificate” di chi avete accanto sono molto più delle presenze effettive. Fateci caso quando vi sentite persi anche nei luoghi che abitate da anni.

Per esempio, fateci caso se una mattina di capodanno, mentre guardate un paesaggio freddo eppure meraviglioso dalla vostra terrazza, vi viene solo voglia di piangere. E vi sentite talmente soli da ripetere a voi stessi: “Questa è l’ultima volta che mi sento così”. Ecco, l’ultima volta. Improvvisamente quella chiave arriva nelle vostre mani. Adesso inizia il compito più difficile (ma anche il più divertente, per certi versi): imparare a usarla.

Questo elenco – incompleto – racconta come ho imparato a usarla io.


Lasciar andare…

Non è mai semplice, lasciar andare. Anzi, per me che non butto neanche lo scontrino del supermercato, lasciare fa rima con abbandonare e richiede uno sforzo fatto di sacrificio e tanta, tanta volontà. Ma quando ciò che devi abbandonare è simile a una malattia che inquina pensieri e giornate, allora lasciare diventa guarire. Un’indispensabile pulizia dei pensieri, dell’anima e del cuore. Puoi leggere libri o iscriverti a tutti i corsi che vuoi per apprendere l’arte del decluttering e del riordino, ma se non lo fai dentro di te diventa un inutile esercizio fine a se stesso. Che sia un’abitudine, un lavoro o una persona, lasciar andare fa malissimo, ma è il solo modo per tornare a respirare. Perché non si può vivere una vita in apnea.


…e lasciar entrare.

Possiamo essere le persone più empatiche e socievoli del mondo, ma se la vita non va per il verso giusto non siamo più capaci di vedere la bellezza che arriva. E di lasciarla entrare. Soprattutto quando, inconsciamente, crediamo di non meritarla. Non credi di meritare quella felicità, non credi di meritare quella persona, non credi di meritare quel successo, non credi di meritare ciò che nemmeno osavi desiderare. È in questi casi che lasciar entrare diventa difficile quanto abbandonare. Ma un giorno mi sono svegliata (in tutti i sensi!) e ho deciso di concedermela, quella possibilità. E senza neanche rendermene conto le avevo già aperto la porta.


Prendi quel cassetto e svuotalo!

Ne abbiamo tanti, di sogni nel cassetto. Desideri che non siamo capaci di concretizzare, o che non funzionano più, o che obiettivamente non riusciamo a realizzare. Ce li ricordiamo tutti, perché averli racchiusi lì, dentro il nostro personale cassetto, ci fa sentire al sicuro e protetti come la coperta di Linus. Ma cosa succede davvero a quei desideri mai realizzati? Alcuni soffocano, rinchiusi da troppo tempo. Altri sbiadiscono, perché non sono abbastanza forti. Altri ancora si trasformano in rimpianti, confondendosi in mezzo alla polvere degli anni. E allora prendi quel cassetto e svuotalo. Tira fuori i sogni che valgono, quelli che ancora ti smuovono qualcosa dentro o ti fanno accelerare il battito. Non sciuparli, togli le ragnatele e guardali in faccia. Sii onesto con te stesso e chiediti: quali sogni ancora mi appartengono? Quali sono invece da abbandonare? Quali ho la possibilità di realizzare? O, meglio ancora: quali sogni voglio darmi la possibilità di realizzare? Niente si realizza da solo: ci vuole molta fatica, molto lavoro e qualche sacrificio.
Il mio tempo di sognare è finito quando ho capito di non poter più sopportare la realtà che mi ero, consapevolmente o meno, costruita: era iniziato il tempo del fare.


Ciao, casa.

Ebbene sì, ho salutato per sempre il mio appartamento. Quello che affacciava sul fiume. Quello da cui fotografavo quasi ogni mattina le albe più belle della mia vita (fino a oggi). Quello con le righe verde menta e che mi piaceva da impazzire. Perché? Perché finalmente ho deciso di piacermi io. La casa per me è sempre stata importante quanto l’aria, il mio rifugio, la mia estensione, l’ambiente in grado di farmi stare bene. Se questo non succede più, c’è qualcosa che non va. Se il contesto in cui ti trovi non fa più per te, è inutile lottare per rimanerci. Qualcosa mi chiamava altrove. Così ho deciso di infilarmi le scarpe e andarci. È stato facile? No. È stato doloroso? Parecchio. Ma non ero sola, e soprattutto avevo dalla mia parte quella cosa magica che si chiama progetto. E che sta diventando ancora meglio di quanto potessi aspettarmi.
Perché casa è dove i progetti diventano reali.


Cambiare (lavoro).

Forse il passo più grande, più difficile e più faticoso che abbia mai fatto. Ma anche il solo necessario. A un certo punto devi scegliere il lavoro che senti di voler fare, non c’è altro verso. Vivi una vita nascondendoti dietro una scusa per non scegliere, finché un giorno non ti rendi conto che l’ostacolo più grande alla tua realizzazione sei proprio tu. Perché ho messo la parola “lavoro” tra parentesi? Perché il cambiamento, prima di tutto, l’ho vissuto dentro di me. E poi fuori, nei posti che ho deciso di abitare, nelle persone che ho deciso di avere accanto (grazie!) e nella volontà che ho deciso di avere. Il lavoro, il mestiere che scegli di fare, è una diretta conseguenza di tutto questo.
Ci vuole una buona dose di coraggio per scegliere, e ce ne vuole almeno altrettanto per vivere la scelta fatta. Ma niente conta di più.
Per questo, la mia parola per il nuovo anno che viene non può che essere coraggio. Merito di avere il coraggio di affrontare le scelte che ho fatto, il coraggio di farne altre. Il coraggio di prendermi più cura di me, il coraggio di sbagliare quando serve a imboccare la strada giusta. Il coraggio di non nascondermi più. Il coraggio di pubblicare questo post a due anni esatti dall’ultimo. Il coraggio di essere finalmente più felice.

Il 2017 è stato l’anno della consapevolezza, l’anno in cui mi sono resa conto di essere infelice e poi ho realizzato che una felicità era possibile. Il 2018 è stato l’anno delle decisioni, un anno importante e indimenticabile, difficile per alcuni versi, pieno di bellezza per altri. Sicuramente un anno vissuto intensamente. Di certo il 2019 non sarà da meno, anzi, mi sa proprio che assomiglierà a un viaggio pieno di curve, ripartenze e saliscendi fino a raggiungere il traguardo. Ma, per la prima volta da tanto tempo, non vedo l’ora di abbracciarlo e di farlo mio.

 

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